Lugo di Grezzana, insediamento neolitico della cultura di Fiorano: l’industria ceramica del sett. IX*
(*) articolo scritto da A. Pedrotti, F. Cavulli, A. Miorelli e pubblicato in A. Pessina, G. Muscio (a cura di), La neolitizzazione tra oriente e occidente, 2000, pp. 111-123.
L’area a sud del piccolo abitato di Lugo di Grezzana, denominata località Campagne, adibita oggi a zona industriale, è, oggetto a partire dai primi anni novanta di ricerche sistematiche intraprese dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici del Veneto, coadiuvata in un secondo tempo (1996) dal Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche dell’ Università degli Studi di Trento. Tali indagini hanno portato alla luce un vasto insediamento riferibile alla cultura di Fiorano particolarmente importante per la stretta vicinanza con i giacimenti di selce (Salzani, 1993, Moser, Pedrotti, 1996, Moser, infra) e per le numerose strutture insediative finora messe in luce.
Aspetti topografici
L’area indagata mediante settori di scavo (I-XI), denominati in base alla successione degli interventi, riguarda la parte distale della conoide di deiezione, situata in prossimità dello stabilimento della ‘Lessinia Graniti’ (Fig.1). Fino al 1997 le ricerche si sono limitate ad indagare i lembi di deposito, risparmiati dallo sbancamento effettuato dalla Lessinia Graniti e dal Consorzio Marmisti per la costruzione di capannoni e vasche di decantazione. Dal 1998 è stato possibile aprire, nel terreno di proprietà Degani, a nord della Lessinia Graniti, il settore X di ca. 800 m2 che ha rilevato una grande potezialità archeologica per lo studio delle strutture abitative del Neolitico antico in Italia settentrionale. Di particolare importanza è stata la scoperta, effettuata quest’anno, di una trincea di fondazione per la posa di una palizzata indagata attualmente per circa m 10. La fossa presenta un tratto risparmiato corrispondente probabilmente al punto di ingresso al villaggio, è profonda circa un metro e taglia uno strato ghiaioso in cui sono ben visibili le impronte di buche di palo. La palizzata è stata realizzata con 5 grossi pali di testa affiancati e da una serie di pali di minor diametro disposti alternati in doppia fila. Alla base è stata ritrovata una falange, forse di caprovino, che potrebbe avere implicazioni con il rito di fondazione della struttura così come è stato suggerito per il rinvenimento di una zampa di cane posta sotto un bicchiere messa in luce sul fondo della coeva palizzata di Lugo di Romagna. Sempre a riti di fondazione può essere riferita la presenza nel riempimento della buca di palo in corrispondenza dell’ “ingresso” di un frammento di piede a pianta larga di una statuetta fittile che trova confronti a Rivaltella (L’arte preistorica, 1978 fig.16: 3), Ostiano Dugali Alti (Biagi et al, 1995) e Savignano sul Panaro (Bernabò Brea et al., 1990).
Il proseguire delle indagini nel settore X sarà di fondamentale importanza per lo studio delle strutture abitative del primo neolitico e potrà contribuire a comprendere quelle evidenze strutturali messe in luce in quei settori che come il IX, oggetto di questa nota, risultano di difficile comprensione perché compromesse da lavori di costruzione.
Settore IX
Nel corso delle campagne di scavo1996, 1997 e 1998 è stato indagato il settore IX ove sono state messe in luce tre strutture principali: un focolare in parte sovrastante un pozzetto e una grande struttura di cui, putroppo, la parte conservata è molto limitata perché oltre ad essere stata intaccata dai lavori sopra menzionati è stata ulteriormente danneggiata da scavi abusivi (Fig. 3 e Fig. 4).
Il pozzetto (ES 234) è di forma circolare abbastanza regolare con diametro massimo di m 1.15 e profondità di m 0.5. Le pareti sono sub-verticali e il fondo leggermente convesso.
Gli elementi a nostra disposizione per un’attendibile interpretazione di tale struttura sono scarsi. Le dimensioni e la morfologia sembrerebbero indicare un utilizzo primario come silos. La funzione isolante poteva essere infatti svolta dal substrato argilloso in cui è scavata (Bagolini, Ferrari, Pessina, 1993: 35). L’utilizzazione finale come rifiutaia, comune a molte sottostrutture del neolitico antico, sembra invece provata dalla varietà di reperti contenuti e dalla loro giacitura
La struttura E.S. 235 è profonda m 1. Ha pareti subverticali e tre lati che si incontrano ad angolo retto. Solo di uno è possibile ricavare le misure complete (m 2.8) mentre gli altri due sono preservati per m 2.1 e m 0.5. La struttura doveva essere orientata nord-est sud-ovest. Sulla base di analoghe evidenze rilevate nei settori IV e V (Fig. 2) possiamo supporre avesse una pianta rettangolare allungata e fondo leggermente convesso. Sfortunatamente anche questi esempi non ci sono giunti integri. Le similitudini sono comunque evidenti nella pianta e nell’orientamento, differiscono invece per profondità e tipo di riempimento. Sono infatti profonde tra i 20 e i 40 cm ed il riempimento è rappresentato da un livello molto carbonioso con cumuli di concotto. La struttura 235 presenta invece una sequenza stratigrafica ben articolata. Al tetto si notano apporti colluviali limo argillosi provenienti da nord-est secondo la pendenza del versante. Questi coprono livelletti alternati di concotto sminuzzato e materiale carbonioso (US 251-254). Uno strato limoso (US 255) con pedorelitti è adagiato sul fondo della struttura. Alla base è stata notata una depressione di forma circolare, ma i lati si presentano troppo svasati per essere definita come buca di palo.
Attualmente non è possibile fornire un’interpretazione adeguata di tali evidenze. Utili indicazioni a tale proposito potranno essere fornite dallo studio micromorfologico affidato a Diego Angelucci. La presenza sul fondo di un livello con pedorelitti suggerisce che la buca sia stata lasciata aperta per un certo lasso di tempo. Probabilmente fungeva da base di un alzato ligneo con rivestimento argilloso distrutto un incendio. Tale evento è suggerito dalla stratificazione alternata di livelli carboniosi e di concotto inclinati dalle pareti verso il centro (US 251-254). Materiale di origine colluviale ne ha completato in seguito il riempimento (US 228, 230, 239, 233, 231).
A queste strutture potrebbero essere associate due buche di palo a sezione conica (E.S. 237 verso nord e 242 a sud) rinvenute, rispettivamente, a m 0.55 e m 1.25 da E.S. 235 (Fig. 3). Hanno un diametro di cm 20 e 40 e sono profonde cm 15 e 20.
Queste strutture sono sigillate da uno strato interessato da concentrazioni di selce al tetto (si tratta probabilmente di scarti d’officina litica) e in parte dall’impianto di un focolare (E.S. 215) che testimoniano la presenza di una fase più recente di frequentazione. Il focolare, conservato solo parzialmente, è rappresentato da un piano in argilla a forma subcircolare avente un diametro di ca. m 1,40.
Industria ceramica
La ceramica di Lugo di Grezzana è, in generale, molto corrosa, per la giacitura in un terreno fortemente argilloso che ne ha alterato la superficie, solo in rari casi è conservata l’ingubbiatura originaria. Le forme e le sintassi decorative sono riconducibili soprattutto alla cultura di Fiorano (Fig. 6 e Fig. 8). In entrambi le strutture si riconoscono frammenti di boccali carenati con ansa sormontata talvolta da tubercolo (Fig.6: 3) decorati da motivi ottenuti a solcature ed impressioni disposti sia sulla parete superiore (Fig. 7: 1) sia su quella inferiore, sia sull’ansa. Sono attestati gli orci decorati da cordoni lisci (Fig. 8: 1). Ad ambiente Vhò sono riconducibili i vasi biansati a parete troncoconica con fondo a tacco (Fig.6: 11) talvolta decorati con cordoni a tacche (Fig.7: 6) e i vasi su peduccio (Fig.6: 2). Ad ambiente peninsulare della ceramica impressa adriatica, potrebbero essere ricondotti i vasi troncoconici aventi, in prossimità dell’ansa, un lobo sopraelevato all’orlo (Fig.7: 7) e la decorazione ad unghiate che si trova su un boccale carenato tipo Fiorano (Fig.6: 6). Sempre a contatti peninsulari di tradizione Ripoli potrebbe ricondurre l’abbondante presenza di ceramica figulina documentata, nella struttura 235, da ben 31 frammenti. La presenza di alcuni frammenti di boccali carenati in ceramica figulina (Fig. 8: 3-7) rendono plausibile l’ipotesi di una produzione locale almeno di queste forme. Più difficile risulta identificare l’eventuale area di di influenza del fr. di vasetto con anse interne (Fig.8: 2) che trova un puntuale confronto in un esemplare integro portato alla luce a Lugo nel sett. IV (Moser, Pedrotti, 1996, Fig. 8: 3).
Particolarmente importante per la problematica riguardante i rapporti fra la cultura di Fiorano, la ceramica graffita e la cultura dei Vasi a Bocca Quadrata è la presenza, nella struttura 235, accanto a forme Fiorano, di ceramiche decorate a graffito (Fig. 7: 4,5; Fig.8: 7-8-9) Si tratta di un alto piede in ceramica fine nero lucida ornato a zig- zag (Fig.8: 9) attestato nei livelli 251-252 (Fig. 5) e di due frammenti decorati con motivi a scaletta (Fig. 7: 4-5) presenti nel livello successivo (US 231) in associazione a due frammenti di VBQ (Fig.6: 7,8).
Attualmente in territorio Veneto, soltanto le Basse di Valcalaona (Barfield et al., 1975, Fig. 4 n. 5), e Fimon Pianezze (Bianchin, Pedrotti, 1987, Fig. 2: 13) possono essere annoverati tra gli insediamenti di Fiorano, ad aver restituito elementi riferibili alla cultura dei VBQ. Mentre gli insediamenti della cultura dei VBQ che hanno registrato presenze Fiorano in area Veneta sono: Quinzano (Biagi, 1972, Fig. 17 nn. 1 – 6) e Fimon M.C. (Bagolini et al., 1973, Fig. 23 n. 6). La presenza di tali elementi (Fiorano o VBQ) in contesti a loro estranei è stata giustificata nel caso di Fimon M.C. come residuo della cultura di Fiorano sulla nascente cultura dei VBQ (Barfield et al., 1971, pag. 37) e nel caso di Quinzano, ipotizzando una parziale contemporaneità tra le due culture (Biagi, 1972, pag. 478), tesi in parte sostenuta anche da Barfield – Broglio (1975: 318) a proposito delle Basse di Valcalaona e da Bianchin, Pedrotti (1987: 439) per il complesso di Fimon Pianezze.
Conclusioni
Il ritrovamento di Lugo di Grezzana sembrerebbe quindi attestare stratigraficamente una parziale contemporaneità degli ultimi aspetti della cultura di Fiorano al diffondersi della prima fase VBQ testimoniata dall’esistenza di focolari e aree di scheggiatura che, insistendo su strutture precedenti, ne determinano in parte il riempimento finale (cfr. US 231).
Più difficile per il momento rimane commentare il ritrovamento del peduccio decorato a zig-zag nei livelli sottostanti (Fig. 5). Questo infatti potrebbe testimoniare che il contatto con i primi aspetti VBQ sia iniziato in una fase in cui era ancora attiva la struttura 235. Potrebbe viceversa provare l’esistenza di contatti con complessi a ceramica graffita pre VBQ descritti ad esempio alle Arene Candide e alla Pollera (Maggi, 1977: 49-55; Odetti, 1977: 56-60; Tinè, 1999: 142-180).
I risultati delle analisi al C14 nonché un attento studio dei dati stratigrafici unita ad un’analisi spaziale dei tipi ceramici e litici potranno contribuire a chiarire le dinamiche di distribuzione di questa tecnica decorativa.
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