Analisi mineralogiche e chimiche

La Vela (TN) – campagne di scavo 1987-1988. Analisi mineralogiche e chimiche su reperti pigmentati in rosso della tomba nr. 3

Cristina DAL RI`, Annaluisa PEDROTTI, Stefano VOLPIN. Poster presentato alla XXXIII Riunione Scientifica dell’I.I.P.P. – 21-24 ottobre 1997.

Le campagne di scavo condotte dal 1987 al 1988 a La Vela (TN) dall’Ufficio Beni Archeologici della Provincia Autonoma di Trento in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche dell’Università di Trento, hanno permesso il recupero di sette sepolture , 3 a cista (tombe 1,3,4) e 4 a recinto di pietre (tombe 2,5,6,7), raggruppate in un’area fortemente antropizzata, con tracce di strutture in pietra (acciotolati) e buche di palo, attribuibili alla cultura dei Vasi a Bocca Quadrata risalente alla metà del V millennio cal. (Bagolini, 1990:225). Nelle tre sepolture a cista riferibili rispettivamente a donne adulte (tombe 1,4) e ad un bambino di 4-5 anni (tomba 3) sono state riscontrate tracce di colorazione rossastra (Bagolini, 1990: 227; Pedrotti, 1997:444-445). Nelle sepolture femminili tale colorazione era limitata alla parte cranica, mentre nella sepoltura di bambino era presente, oltre che sulle ossa del cranio, anche su alcuni oggetti del corredo.

Le perline della collana e del braccialetto, ricavate da conchiglie, mostrano tracce evidenti di colore rosso, come la terra attorno ad esse. Una marcata colorazione rossa si notava anche all’interno di una ciotolina emisferica che il bambino teneva nella mano e sul terreno circostante (Fig.1).

Allo scopo di identificare i materiali costitutivi del colore impiegato sono stati sottoposti ad analisi 4 campioni prelevati rispettivamente da: ossa del cranio, terreno attorno alla collana, perlina del bracciale e superficie all’interno della ciotolina. In un secondo momento, visti gli esiti inaspettati delle indagini iniziali, lo studio è stato focalizzato sulla perlina al fine di arrivare a riconoscere l’eventuale presenza di una vera e propria “tecnica pittorica” sulla superficie del materiale. Le perline all’esame con stereomicroscopio ottico infatti presentavano su tutte le facce, comprese quelle all’interno del foro uno strato uniforme di colore(Fig.2).

Le tecniche analitiche strumentali scelte sono state la diffrazione a raggi X (XRD), la microscopia ottica ed elettronica (SEM) e lamicroanalisi elementare con microsonda elettronica (EDS). Mediante tali metodiche è stato possibile identificare i componenti mineralologici dei campioni, osservare in dettaglio gli stessi e riconoscere gli elementi chimici presenti.

Sulla perlina del braccialetto l’analisi è stata approfondita con l’allestimento di una sezione stratigrafica per osservare la struttura dello strato di colore e la ricerca di eventuali tracce di sostanze organiche che potessero far pensare all’impiego di leganti pittorici. Quest’ultima indagine è stata condotta sia sulla sezione con l’impiego di test istochimici, sia su frammenti di campione colorato. Le sostanze ricercate sono proteine, resine naturali e composti saponificabili (cere, olii e lipidi in genere).

Il risultato analitico più rilevante è costituito dall’identificazione, in tutti e quattro i campioni esaminati, di cinabro naturale come pigmento rosso (Montagna, 1993: scheda 115). Ciò è emerso sia dalla microanalisi elementare in cui le particelle rosse sono risultate composte da zolfo e mercurio, sia dalla diffrazione X che ha confermato la presenza di cinabro nelle polveri esaminate (Figg.3-4).

Il cinabro, un minerale di genesi idrotermale a bassa termalità, è il principale minerale di mercurio (AAVV, 1968:85); generalmente forma masse compatte granulari in vene di vivo colore rosso (AAVV: 264) di rado si presenta in cristalli di aspetto romboedrico o prismatico. Si trova in incrostazioni o impregnazioni di rocce di vario tipo, vicino a manifestazioni vulcaniche (Crespi, Liborio,M ottana:scheda 25). Formazioni di cinabro nel territorio Trentino sono documentate nella zona di Sagròn – Vallalta dove era attiva una miniera di mercurio (Baccos, 1966:717) e in Val di Daone nei pressi della Malga Bissina (Exel, 1987:14), mentre tra i maggiori giacimenti di mercurio in Italia troviamo il Monte Amiata in Toscana, ove sono attestati filoni di cinabro, sfruttati, sembra, fin dall’età preistorica (Mochi, 1915, Grifoni Cremonesi, 1989:214-215). Attualmente l’uso del cinabro è stato ipotizzato per interpretare le tracce di colorazione rossastra rinvenute su un’ olletta di tipo Serra d’Alto portata alla luce nel sito della cultura VBQ a Gaione (Bernabò Brea, et al., 1990:117) ove sono attestati rituali funerari ben confrontabili con quelli della necropoli de La Vela (TN). Si può quindi affermare che il cinabro durante l’età neolitica fosse noto tra le sostanze coloranti. Date le scarse testimonianze rimane per il momento incerto l’ effettivo ambito di utilizzo (funerario?) e l’area di provenienza.

Si tratta di un minerale relativamente poco stabile agli agenti chimici e atmosferici, soprattutto in presenza di sostanze alcaline, della luce e di umidità, in queste situazioni può trasformarsi in metacinnabarite, una forma isomorfa di colore nero (AAVV, Dimos: 206). Questo processo, nell’utilizzo del pigmento di cinabro per la pittura parietale, è ritardato dall’applicazione di strati protettivi cerosi o dall’inglobamento del pigmento in un legante oleoso (Colombo, 1995:85).

L’analisi stratigrafica ha messo in luce uno strato regolare, compatto ed omogeneo di colore rosso ben aderente all’aragonite della conchiglia (Fig.5). In più, il cinabro non è l’unico minerale presente, ma risulta essere mescolato, quasi impastato, a carbonato di calcio eminerali argillosi ricchi di ossidi di ferro anidro (una sorta di terra rossa). Le analisi sui composti organici eventualmente presenti hanno dato come ci si aspettava, vista la natura del deposito in cui la sepoltura era inglobata, tutte esito negativo.

Alla luce di quanto emerso dalle analisi sembra possibile affermare che le perline siano state colorate intenzionalmente: la coloritura potrebbe quindi essere stata data a secco, magari impastando il rosso cinabro con dell’argilla che, per la sua consistenza plastica, consentiva una miglior aderenza alla conchiglia. Le analisi non hanno invece fornito elementi concreti a sostegno dell’ipotesi che il colore sia stato dato con l’ausilio di un legante organico.


BIBLIOGRAFIA:

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Montagna G. 1993, I pigmenti prontuario per l’arte e il restauro, scheda 115, Nardini Editore – Fiesole (FI).

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