Riparo Mochi: analisi

ANALISI ARCHEOBOTANICHE

Le analisi archeobotaniche (M. Rénault-Miskovsky), effettuate tra gli anni ’70 e ‘80, hanno permesso di definire quattro insiemi paleovegetazionali, caratterizzati dal basso verso l’alto dai seguenti aspetti:

1) paesaggio a bassa copertura arborea con clima freddo e secco su scala regionale, ma con situazioni più favorevoli in definiti ambienti litoranei, dove sarebbero sopravvissute specie mediterranee. Questa condizione climatica viene attribuita alla fase del Würm IIIa, corrispondente nella successione stratigrafica di Riparo Mochi allo strato F.

2) Marcato aumento delle essenze arboree unito a uno sviluppo delle entità termofile e a una parallela riduzione delle piante erbacee, il tutto conseguenza di un sostanziale miglioramento climatico di tipo temperato caldo, con aspetti di maggiore umidità rispetto a quello precedente, riferito all’Interstadio di Arcy, corrispondente nella “nostra” successione stratigrafica allo strato E.

3) Calo delle specie arboree con netta dominanza di Pinus sulle altre essenze, comprese le termofile. Il clima risulterebbe freddo e secco, corrispondente alla fase del Würm IIIb, ma non viene messo in correlazione certa con la stratigrafia di Riparo Mochi. 4) Ulteriore calo del tasso di forestazione con presenza di Pinus e rare presenze di latifoglie e piante termofili, mentre si riscontra una diffusione massiva delle Cichoriodeae e delle Asteroideae. Ancora una volta il clima risulterebbe freddo e corrispondente al Würm IIIb.

Per il giacimento di Riparo Mochi, quindi, le indagini paleovegetazionali si limitano ai soli strati F ed E, assegnati rispettivamente alla fase freddo-arida del Würm III iniziale (Würm IIIa) e al successivo Interstadio di Arcy, con un clima più temperato. Pertanto, in mancanza di dati diretti, possiamo tentare di situare gli strati G e H in un momento anteriore alla fase più fredda del Würm III iniziale, identificabile forse col periodo così detto “d’instabilità climatica” che questa precede. Lo strato I è attribuibile probabilmente nella sua parte superiore, arrossata per alterazione, all’Interstadio Würm II-III e nella sua parte sottostante al Würm II. Per quanto riguarda gli strati sovrastanti l’E, possiamo solo ipotizzare che lo strato D (Gravettiano) sia attribuibile al minimo climatico della seconda parte del Würm III e lo strato dell’Epigravettiano antico – livello C – alla fine del Würm III.

ANALISI MICROFAUNISTICHE

Lo studio dei micromammiferi, svolto negli anni ’90 da M. Abbassi (ricercatore del gruppo di ricerca diretto da H. De Lumley) prende in esame esclusivamente le specie appartenenti all’ordine dei roditori.

Strato I: l’abbondante presenza del topo campagnolo dal collo giallo indica l’esistenza di un ambiente forestale intorno al riparo, ma anche di un habitat montano, attestato dall’arvicola di Fatio, e di versanti di crollo esposti a sud, testimoniati dall’arvicola delle nevi. Il clima doveva essere prevalentemente continentale e probabilmente più freddo di quello attuale.

Strato H: si attesta un minor numero di specie, caratterizzate da un numero minimo di individui molto basso. Questa diminuzione indica probabilmente un brusco cambiamento climatico, con l’installarsi di condizioni più aride.

Strato G: il Microtus arvalis è la specie dominante seguita dal Quercino; denotano rispettivamente un ambiente di steppa continentale e di foresta, conferendo al clima un carattere continentale e secco.

Strato F: ad eccezione del Quercino che diminuisce, tutte le altre specie aumentano,  soprattutto l’arvicola dei campi, l’arvicola di Fatio, l’arvicola delle nevi e quella rossastra. Tutto ciò conferma l’evoluzione di un clima continentale già percepito nel livello precedente, con la presenza intorno al sito di diversi habitat: boschivo, di foresta umida, di steppa/prateria, ma anche versanti eliofili freddi.

Strato E: il numero delle specie diminuisce bruscamente senza che nessuna scompaia completamente. Questo denota il ritorno di influenze mediterranee aride che limitano probabilmente il dominio di queste specie verso zone più settentrionali.

Strato D: ad eccezione dell’arvicola rossastra, che rimane invariata, tutte le altre specie aumentano significativamente, soprattutto l’arvicola dei campi, di Fatio, di Savi e delle nevi che raggiungono il massimo della presenza in numero minimo d’individui proprio in questo livello. Questo cambiamento indica che il clima diviene più continentale, più freddo ed umido, favorendo la proliferazione dei roditori.

Strato C: diminuzione del numero di roditori, ad eccezione dell’arvicola rossastra che resta costante; inoltre per questo livello si attesta la presenza della Marmota marmota, probabilmente legata ad un ambiente steppico e freddo e ad un clima continentale.

ANALISI AVIFAUNISTICHE

Analisi preliminari sui resti di uccelli (A. Recchi, Istituto Italiano di Paleontologia Umana) hanno prodotto risultati interessanti che però non sono attualmente disponibili in quanto ancora inediti.

ANALISI MACROFAUNISTICHE

Gli unici dati sulle macrofaune di Riparo Mochi provengono da alcuni studi preliminari sui reperti musteriani provenienti dagli scavi Blanc-Cardini (A. Arellano, Museo di Mentone) e del Paleolitico superiore provenienti dagli scavi Bietti (F. Alhaique, Istituto Italiano di Paleontologia Umana).

Livello C: è particolarmente povero di resti, ma tutti sono riferibili a specie fredde quali lo stambecco e la marmotta. Potrebbe quindi essere correlato al Dryas I.

Livello D: è quello più ricco di faune. La marmotta e le altre specie fredde continuano ad essere presenti, anche se il cervo diventa la specie dominante. Questo potrebbe indicare un addolcimento del clima durante questo periodo di occupazione del riparo.

Livello E: semi sterile, ha fornito prevalentemente resti di cervo.

Livello F: presenta una situazione simile allo strato D, anche se bisogna tener conto che le ossa di marmotta rinvenute sono con molta probabilità intrusive, come dimostra il fatto che i resti possono essere riferiti ad un unico individuo e che il grado di frammentazione e fossilizzazione è nettamente diverso rispetto a quello degli altri reperti rinvenuti nello strato. L’animale è quindi morto verosimilmente in una tana scavata a partire dai livelli C o D.

Livello G: la fauna è molto scarsa, con una prevalenza del cervo sullo stambecco. In generale, i grandi carnivori sono quasi completamente assenti in tutto il campione del Paleolitico superiore analizzato e relativamente rare sono le loro tracce di attività sulle ossa. Il grado di frammentazione dei reperti è abbastanza elevato lungo tutta la sequenza stratigrafica e non sono state riscontrate variazioni di rilievo in questo senso fra un livello e l’altro. Per ciò che riguarda le tracce di taglio, la conservazione delle superfici ossee non è particolarmente buona e alcuni dei materiali son ricoperti da un sottile velo di concrezione, tale da ostacolare l’osservazione dei cut-marks eventualmente presenti. Tralasciando il livello C, per la scarsità dei reperti, i segni di una sicura attività umana sono ben presenti nel livello D. Per la maggior parte dei casi sono stati individuati coni di impatto legati all’estrazione del midollo e solo pochi cut-marks, che non ci permettono di fare ulteriori considerazioni sulle strategie di trattamento della carcassa. Vi è una percentuale piuttosto elevata di ossa bruciate (17%) che però sembra dovuto più a fattori accidentali che direttamente legata alla cottura del cibo; infatti le tracce di combustione non sono localizzate e ripetute su alcune porzioni dell’osso, ad esempio le epifisi, ma sono per lo più diffuse e tendono a coprire tutto il frammento. Inoltre l’elevata percentuale di ossa calcinate lascia supporre l’ipotesi di scarto nel fuoco di residui di pasto. I dati sull’età di morte delle prede, anche se scarsi, sembrano indicare un diverso tipo di sfruttamento fra il cervo e lo stambecco: per il primo vi è una parità fra individui giovani adulti – adulti I e adulti II – senili, mentre per la Capra ibex sono stati selezionati solo animali giovani adulti – adulti I, tanto che le altre classi di età più elevate sono completamenti assenti. Queste differenze tre le due specie sono probabilmente legate alle diverse strategie di caccia impiegate.

Livello G: aumenta sensibilmente il numero di resti con tracce di azione umana dove sono stati anche identificati dei cut-marks (che però ancora una volta non ci aiutano a tracciare un pattern di macellazione). Nei cervi sono presenti individui giovani, giovani – adulti e adulti II; mentre per lo stambecco è presente un solo adulto I: potrebbe esserci anche in questo caso una diversa strategia di caccia. Nonostante la presenza del focolare, la percentuale delle ossa bruciate è relativamente bassa e si tratta quasi esclusivamente di ossa carbonizzate e non calcinate come per il D; questo potrebbe indicare un diverso utilizzo dei focolari nei due distinti periodi, ma allo stato attuale delle ricerche rimane solo un’ipotesi. Ancora una volta è attestata una differenza di sfruttamento delle specie tra capriolo e cervo, rappresentati da individui adulti I, e stambecco, presente con un solo adulto II. La scarsità di resti rinvenuti nelle campagne di scavo 1995-1996 non ha permesso nessuna considerazione sulla stagionalità di occupazione del sito; va comunque osservato che attualmente il riparo si trova in condizioni climatiche molto favorevoli anche durante l’inverno, per cui è possibile che gli esseri umani, a quanto pare i maggiori responsabili dell’accumulo delle ossa, vi abbiamo trovato rifugio durante la stagione invernale; ma tale ipotesi è tutta da valutare.

Nei livelli musteriani, gli studi svolti prevalentemente a carattere paleontologico indicano che le specie meglio rappresentate sono gli erbivori, che dominano con il 93% dei resti determinati rispetto ai carnivori (7%), tra cui l’orso, il leone, la pantera, il lupo e la iena. L’animale più rappresentato è il cervo (con il 39% dei resti), seguito dal cinghiale (15%), dal cavallo (13%), dallo stambecco (6%), dal Bos/Bison (2%), dal rinoceronte e dall’Equus hydruntinus (1%); inoltre è da segnalare anche l’ esistenza di un unico elemento scheletrico di Dama dama e di Alces.